Per me (soprannominato Calimero dalle ostetriche perchè nacqui pieno di capelli neri) e per tanti altri bambini italiani, affezionati a Calimero, Carmencita e Caballero, sapere che Carosello ‘e poi a nanna’ spariva per sempre fu una brutta sorpresa. In un certo senso era la fine dell’infanzia per come la tv e il marketing ce l’avevano confezionata. Io, ad esempio, ancora prima di saper leggere e scrivere, sapevo leggere e quasi scrivere per memoria visiva una bella manciata di marchi (oggi si chiamano brand). Mio zio, buonanima, mi usava come attrazione per i suoi amici: lui dava il La e io rispondevo: “Co…. Coca-Cola! Si…. Singer! Simmenthal!’. Fenomeno!
Carosello, visto con gli occhi di bambino, non era uno spot. Era, unicamente, una grande rappresentazione simil-parrocchiale, piena di siparietti e storielle. Con la differenza che ad idearle e rappresentarle c’erano nomi tutt’altro che dilettantistici: Fellini, Pasolini, Olmi, Leone. E poi i De Filippo, Albertazzi, Modugno, Celentano, Virna Lisi e Nino Manfredi, Tognazzi e Arbore. La Carrà.
Esattamente un mese dopo quella chiusura, il 1° febbraio 1977, la tv italiana cominciò a trasmettere a colori, mentre le televisioni commerciali, libere o private che dir si voglia, mettevano il turbo per la loro espansione. Il 3 novembre, anche grazie alla mano di Enzo Tortora, apriva i battenti in Lombardia, a Legnano, Antenna 3. Uno degli esempi-simbolo di quella fase.
Da quel capodanno di 40 anni fa, in quei giorni e in quei mesi, la televisione cambiava insomma radicalmente. Dallo sketch allo spot, dal bianco e nero ai colori, dai due canali Rai ai 99 canali. Il 1977, tra le varie vicende di cui è costellato, segna dunque un passaggio di trasformazione e modernizzazione per l’Italia. Via etere. Per un figlio della tv e della réclame, che da piccolo provava fascino e una certa invidia per i pionieri che guardavano le puntate di ‘Lascia o raddoppia?’, una data da ricordare.