Venezia, turismo & malavita: il Tronchetto

Dianese (Il Gazzettino): “Al Tronchetto l’illegalità è normalità. Ecco perché”.

Ma il fastidio più grosso non l’ho provato per un viaggio di appena dieci chilometri che è durato esattamente il tempo di un volo vacanziero da Venezia alla Sicilia.
I colori del mare e del sole li ho visti, stampati però sugli occhi azzurro-spiritati e sulla pelle lampadata di uno dei tanti, cosiddetti, intromettitori del Tronchetto. Uno di quelli che cattura i turisti, li coglie di sorpresa, li accoglie disinformandoli e li dirotta verso i lancioni granturismo, pronti a salpare in direzione Piazza San Marco, uno degli epicentri del turismo mondiale.

Immagine da Flickr di Bruna Benvegnu
Immagine da Flickr di
Bruna Benvegnu

“Volete andare a San Marco? O ci andate a piedi, oppure seguitemi”, dice ad una famiglia che mi precede, non appena uscita dal parking. Ci fissiamo negli occhi, ma lui non mi dedica neppure mezza sillaba: gli intromettitori sono come cani da tartufo e riconoscono un indigeno a decine di metri di distanza. Mentre i turisti davanti a me vengono inghiottiti dalla silhouette energumena di un secondo intromettitore, pronto ad imbarcarli, mi dirigo verso il pontile dell’azienda pubblica di trasporti. Ci entro che è vuoto, alla faccia dei 300 mila turisti, delle code e della città che straripa di gente. E’ tutto questo che mi ha provocato un profondo fastidio.

Mi chiedo perché. Perché, malgrado un processo, qualche condanna, oltre 20 anni di allarmi lanciati dalla commissione parlamentare antimafia, in questa isola di cemento chiamata Tronchetto tutto procede senza controlli, come se tutto questo catturare ed inghiottire turisti fosse legale e normale? Il sindaco Brugnaro lancia intanto il suo tweet pasquale all’insegna del rinascimento (o della rinascita?) della città e del rilancio del lavoro. “Lavoro onesto però”, rispondo ricambiando gli auguri ed accennando a questo punto franco della vergogna. Non mi aspettavo risposta, e così è stato.

Le risposte le ho cercate invece da Maurizio Dianese (qui una nota biografica).

Maurizio Dianese. Foto di Redazione Blogos in Creative Commons
Maurizio Dianese. Foto di Redazione Blogos in Creative Commons

Lui appartiene ad una cerchia molto ristretta: i giornalisti che negli anni si sono occupati costantemente ed in profondità del fenomeno Tronchetto si contano sulle dita di una mano. Tutti, inevitabilmente, calando e legando a doppio filo la questione con scenari e vicende più ampie che parlano di malavita e di mafie. Lui sicuramente, attraverso libri e dalle colonne del Gazzettino, con un taglio ‘pane al pane’, che non di rado ha avuto come filtro quello della sua retina: vedo-scrivo-denuncio.

Rumoroso fu un suo affresco pubblicato il 3 marzo 2014, in pieno periodo di affollamento turistico da Carnevale: “…Erano più di 20 piazzati ieri mattina all’ingresso del parcheggio dei pullman granturismo che arrivano al Tronchetto. A questi bisogna aggiungere i comandanti dei lancioni e i marinai. Insomma la Spa della malavita al Tronchetto dà lavoro ad almeno cinquanta famiglie, a star stretti. Del resto i soldi che circolano sono una montagna e se il Comune per il Carnevale spende più o meno un milione di euro, al Tronchetto ringraziano perché loro il milione di euro lo incassano. Basta star lì un paio d’ore per vedere che tutti i pullman che arrivano – a centinaia – passano per le loro mani…”.

Poi, come sempre, si ripiomba nel silenzio: “Tutto è inaccettabile ma purtroppo – dice Dianese, a distanza di due anni da quel pezzo – tutto è diventato normale. Eppure basta mettersi lì e vedere che tutti i pullman vengono intercettati e intruppati. Gli intromettitori entrano liberamente nei parcheggi e di fatto questo traffico turistico è per il 99% nelle mani della criminalità organizzata. E’ una cosa tollerata e accettata anche dalle stesse agenzie di viaggio e nessuno si sconvolge”.

Si tratta di figure prive di alcuna autorizzazione ad agire in questo modo?
“Per la maggior parte sono persone che lavorano in nero e senza autorizzazione. Alcuni sono già stati condannati e continuano imperterriti. Ma anche chi ha la licenza di intromettitore, un permesso che non ha eguali al mondo, non agisce in modo regolare perché dovrebbe almeno garantire al turista alcune informazioni di base. Sicuramente quella dell’esistenza di trasporti pubblici per raggiungere la città. E invece passano al dirottamento diretto, senza tanti complimenti. Gli imbarcaderi Actv restano così desolatamente vuoti, con perdite immani, complice anche l’errore madornale del prezzo del biglietto, talmente elevato che per un turista diventa conveniente l’alternativa del lancione granturismo. Ma il problema cruciale è che manca totalmente la presenza delle autorità e dei controlli”.

La domanda è molto semplice: perché?
“La risposta è articolata….”.

Iniziamo dalla politica…
“Nell’inchiesta sul Tronchetto ci sono intercettazioni che rivelano la capacità e la potenzialità di questi malavitosi nel tenere a bacchetta anche chi svolge un ruolo all’interno dell’amministrazione comunale. Nel passato Massimo Cacciari ha ad esempio sottovalutato queste dinamiche. In tempi più recenti Giorgio Orsoni minacciò di querelarmi perché scrissi che non aveva ritirato le licenze a chi venne condannato in primo grado. C’è tendenzialmente un atteggiamento di scarsa messa in guardia, probabilmente perché non ci troviamo di fronte a figure che commettono rapine a mano armata o che ammazzano: questo induce erroneamente a non considerarle pericolose. Sicuramente sono persone che fanno girare molti soldi e anche centinaia di voti. E si sa che in una città come Venezia anche 500-1000 preferenze possono fare la differenza. C’è poi un altro ordine di questioni….”.

Ovvero?
“Penso che nessuno voglia affrontare a fondo il problema nella convinzione che si potrebbe innescare a sua volta un problema di ordine sociale e di sicurezza. Teniamo presente che in larga parte gli intromettitori sono pregiudicati. Fin dalla metà degli anni ’70, con la Giunta Rigo e l’allora assessore all’ordine pubblico Orlando Bolgan, il Comune iniziò a spingere con queste licenze, credo peraltro in buona fede. Nel senso che venivano appunto reputate come forme di deterrenza alla delinquenza e dunque di normalizzazione sociale…”.

Il problema è che, a 40 anni di distanza, l’unica cosa che è diventata normale è l’illegalità…

“In questi decenni il turismo a Venezia ha avuto una crescita inarrestabile, a partire dall’impennata degli anni ‘80 con la stagione dei Carnevali. Ottavio Andrioli, considerato il ‘padre’ della mala del Brenta, intuisce ancora prima di Felice Maniero che, oltre al gioco azzardo, è il Tronchetto il terreno fertile per fare affari a Venezia. E storicamente la banda di Maniero si è sempre occupata di turismo, ambito che non rende meno della droga”.

Ambito che scatenò guerre tra bande e lasciò morti sul campo…
“Diciamo che oggi, per avere il controllo del territorio, è perlopiù sufficiente minacciare di essere cattivi, non serve nemmeno essere violenti. Oggi, fino a prova contraria, Venezia è ancora sotto il controllo di quella che è definibile come vecchia malavita. Cambiano le generazioni, ma la matrice resta quella. E se non ci sono omicidi e rapine è proprio perché esiste questo controllo. Ed ecco perché, anche da parte della politica, non c’è interesse ad innescare una bomba sociale. Non solo perché parliamo di un esercito agguerrito di decine e decine di famiglie che mangiano attorno a questo sistema, ma perché parliamo di una città dove tantissimi mangiano con il turismo. Il fastidio vero lo prova solo chi non c’entra nulla con questo vasto sistema”.

Quanto frutta questa ‘pax sociale’? Calcolando che nel 2014 (Fonte: Comune di Venezia, Annuario del Turismo 2014) sono stati rilasciati oltre 90 mila pass Ztl, risulta che al netto delle varie deroghe siano circa 70 mila i bus che ogni anno arrivano al Tronchetto scaricando un esercito di quasi 2,5 milioni di turisti. La stragrande maggioranza dei quali finisce appunto tra le grinfie di questi signori. E si parla solo di questa fetta di realtà, senza ad esempio calcolare chi arriva in macchina…

“Per ogni persona intercettata il guadagno può variare dai 20 ai 50 euro. Non c’è solo infatti l’incasso derivante dall’imbarco dei turisti, ma anche quello delle provvigioni che si possono ottenere dirottando le persone in luoghi commerciali, come ad esempio le vetrerie di Murano: i turisti comprano e chi li porta fino a lì incassa una percentuale sulle vendite. Nel complesso, il giro d’affari del Tronchetto è di svariate decine di milioni di euro, grandissima parte dei quali sono ovviamente in nero”.

E quali sono i costi di questa ‘pax sociale’?

“Innanzitutto c’è una perdita di immagine: il Tronchetto è come la Napoli dei parcheggiatori abusivi, ma molto più in grande. Oltre agli intromettitori, completano il quadro i cingalesi, gruppo organizzato che vende nei chioschi i souvenir e i gadget di vario genere: certo regolarmente, ma all’interno di una baraccopoli dove vige un regime di totale assenza di controlli. Non è un caso se la Camera di Commercio e gli albergatori vengono regolarmente sommersi di proteste di ogni tipo. Poi, come già detto, Actv farebbe i miliardi se non ci fosse questa ‘concorrenza’. Ma le perdite per il Comune consistono ad esempio anche nel mancato incasso dei canoni sui pontili che vengono utilizzati. O meglio, la tassa dovrebbe essere calcolata in base al numero degli attracchi. Ma chi va a controllare? Una volta, l’addetto della società che si occupava dei conteggi, venne preso a calci e pugni e dovette chiaramente rinunciare per mancanza di protezione della sua incolumità…”

Foto flickr di Paul Barker Hemings
Foto flickr di
Paul Barker Hemings

Non ammazzeranno per difendere il territorio, però se serve menano: ed qui che si percepisce la dimensione dell’abbandono di ogni presidio di legalità….

“Nel passato si è parlato a lungo di un presidio fisso e di una vigilanza da parte della Guardia di Finanza. Carabinieri e Polizia Municipale ci hanno provato ma il risultato oggi è questo. Dipendesse da me, manderei l’esercito ad azzerare e smantellare tutto e poi, casomai, si riprende a ragionare. Ci vuole però la forza di imporre una soluzione sapendo che ci si deve aspettare di tutto”.

La forza di smantellare i pontili, ad esempio. Perché, in questo periodico gran parlare di regolazione dei flussi turistici, non si tocca il tema del blocco di quei pontili che consentono di far sbarcare in Riva degli Schiavoni, a due passi da San Marco, i turisti catturati al Tronchetto?

“Mi venne raccontato che nel passato l’Autorità portuale cercò almeno in un’occasione di rifiutarsi di concedere la concessione ma che il Comune pressò in senso opposto e non se ne fece nulla. Teniamo presente che, oltre ad una capacità imprenditoriale, questi del Tronchetto hanno un’indubbia capacità intimidatoria”.

Chi è, se così si può dire, l’imprenditore che tesse le fila del sistema Tronchetto?

“Resta sempre Otello Novello, meglio noto come Cocco Cinese (qui un ritratto). Negli ultimi tempi voleva ritirarsi, ma sostanzialmente resta sempre in sella con le sue società. Novello possiede una quindicina di lancioni che costano centinaia di migliaia di euro l’uno”.

C’è stato però, nel giugno 2014, il clamoroso arresto a Mestre del boss di Cosa Nostra, Vito Galatolo (qui la notizia). ‘U picciriddu’, figlio di Vincenzo condannato all’ergastolo per gli omicidi, tra gli altri, del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e del giudice Rocco Chinnici, era stato assunto proprio dalla società di navigazione del Cocco Cinese….

Foto flickr di Federico Scorzoni
Foto flickr di
Federico Scorzoni

“Quell’assunzione ci ha fatto capire che il business del Tronchetto è arrivato nelle orecchie della mafia e anche della camorra. La presenza di Galatolo come lavoratore nella società di Novello sta a significare che la criminalità organizzata era lì per monitorare questo business o che addirittura la decisione di entrarvi era già stata presa e che quello era il primo passo. Non sappiamo quanti passi siano stati fatti: sono nodi che ancora oggi devono essere dipanati. Attualmente Galatolo è infatti bloccato a Palermo, fa il collaboratore di giustizia e chissà se avrà voglia di raccontare qualcosa anche sul Tronchetto…”.

Sarebbe un passaggio cruciale?
“Certamente rappresenterebbe una svolta. Bisogna considerare che il processo sul racket del Tronchetto alla fine si è concluso con un sostanziale nulla di fatto. Anzi, l’esito giudiziario ha rafforzato queste persone, convinte che potranno continuare ad agire anche peggio di prima e sempre impunemente. Questa è una banda di persone che utilizza metodi mafiosi: ma il processo non stabilisce l’esistenza di una strategia mafiosa che sta alla base delle attività al Tronchetto. E’ per questo motivo che la vicenda Galatolo diventa centrale, perché se si raggiunge la prova provata che mafia e camorra hanno messo le mani sul Tronchetto, allora la storia cambia…”.

E a quel punto cadrebbe magari anche l’alibi della pace sociale, quella che ha normalizzato l’illegalità….
“Io continuo a battagliare, credo però che anche la città debba cambiare. Da troppo tempo viene tollerato l’andazzo generale, al di là del Tronchetto, dando la sensazione che tutto vada bene e sia normale. Ricordo una gita fatta 30 anni fa con alcuni amici inglesi, ma la cosa vale a maggior ragione oggi: sinceramente, come fai a distinguere il malavitoso dal non malavitoso se quando vai al ristorante devi parlare in dialetto per non farti spennare vivo? E’ normalità questa?”.

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