Il rogo di Centocelle. Tre sorelle d’Italia, morte per irresponsabilità politica.

Povertà, emarginazione, periferie. E poi decoro, degrado, migranti, sicurezza. Quante ne ha dette e fatte la politica in questi mesi, attorno a queste parole: le sconfitte elettorali che diventano allarmi su interi pezzi di società dimenticata, i decreti filo-militari per dare man forte ai sindaci e regalare la sensazione della piazza pulita, le leggi filo-far west per rassicurare i cittadini, le campagne d’odio razziale e disumanitarie per sentirsi più italiani a casa nostra o per mostrar purezza cristallina contro gli sporchi buonisti.
[dropcap type=”1″]P[/dropcap]oi, mentre siamo qui a raccontarcela che non ha più senso parlare di destra e sinistra dopo la vittoria di Macron in Francia. Mentre il web si riempie di fotomontaggi stupefacenti, con il mezzo volto del nuovo profeta d’oltralpe che si incastra alla perfezione con il mezzo volto del redivivo Renzi.

Mentre il PD del Capo e il M5S di Casaleggio se le danno sempre più di santa ragione su tutto – dalla vicenda Boschi- Banca Etruria alle firme false grilline a Palermo, dalle fake news ai vaccini, alla spazzatura della capitale – in modo sempre più settario, da conflitto etnico, e in nome della nuova divisione tra responsabili e forze anti-sistema, ci svegliamo una mattina con tre sorelle di 20, 8 e 4 anni, morte di incendio dentro un camper parcheggiato in un area di sosta nel quartiere romano di Centocelle.

Centocelle. Foto di Andrea Paraggio in licenza CC / Flickr

Elisabeth, Francesca e Angelica, che per la cronaca sono sorelle rom di una famiglia di 13 persone che in quel camper, bruciato per mano quasi certamente dolosa, ci vivevano. Per così dire.

[quote_colored name=”” icon_quote=”no”]Sorelle d’Italia: di un’Italia che “per qualche giorno parlerà di queste bambine. Lacrime, pianti, cerimonie e poi non se ne parlerà più. I bambini non sono il cuore dell’interesse della politica e di quelli che dicono di difenderne i diritti ed è per questo che è così difficile risolvere i problemi. Non vedo gente che si straccia le vesti perché ci sono bambini, centinaia di bambini, che vivono in quelle condizioni in una città come Roma. Apprezzabili le mobilitazioni per pulire la città ma ancora più urgente sarebbe programmare gli stati generali del sociale a Roma a partire da chi vive in strada, nelle cosiddette occupazioni e nelle migliaia di baracche che connotano ormai l’immagine della capitale”.[/quote_colored]

Mentre buona parte del mondo politico e istituzionale, a partire dal Capo dello Stato, invoca giustizia chiedendo il massimo della severità per chi si è reso colpevole di questo probabile delitto, sulla loro testa cala implacabile, anche se la tragedia non si rivelasse dolosa o legata a xenofobia, il giudizio di chi da anni ha davanti agli occhi questi mondi dimenticati.
Alle parole di Lucia Ercoli, direttore dell’Associazione medicina solidale che da oltre 12 anni si occupa delle cure mediche e dell’assistenza alla popolazione rom della capitale, si aggiunge la condanna di Amnesty International che ricorda come “[quote_colored name=”” icon_quote=”no”]

la tragedia di Centocelle, sei anni dopo quella di Tor Fiscale in cui morirono tra le fiamme quattro bambini rom, pone ancora una volta con estrema urgenza la necessità di avere politiche abitative degne di questo nome, in una città nella quale è noto quanto patrimonio immobiliare sia inutilizzato”.

“A Roma vivono circa 9mila rom e per le strade sopravvivono oltre 4mila persone. Un numero impressionante di donne, uomini e bambini abbandonati a se stessi e al degrado. La verità – dice ancora Lucia Ercoli – è che se questa infanzia si chiama ‘rom’ sembra che l’interesse si perda”.

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E un’altra parte di verità, puntata dritta sulla politica, la denuncia il Rapporto annuale 2016 dell’Associazione 21 luglio: “la retorica dell’odio promossa in particolare da esponenti di alcune fazioni politiche ha potuto attecchire e rendersi proficua in termini di consenso elettorale”. Tra “linguaggio mediatico impreciso se non evidentemente dispregiativo” e “ripetuto etichettamento, anche istituzionale” delle comunità rom come “comunità omogenee e dedite al nomadismo”, nel 2016 l’Osservatorio 21 Luglio ha registrato un totale di 175 episodi di “discorsi d’odio” contro rom e sinti, di cui 57 (il 32,6% del totale) classificati di una certa gravità. La media giornaliera che si ricava è di 0,48 episodi al giorno. La concentrazione più elevata è nel Lazio, con il 24,5% del totale, e Roma che da sola raggiunge il 22,9% con 40 episodi. A seguire, il Veneto (15%), l’Emilia Romagna (12%) e la Campania (11%).

Fazioni, odio, sette, etnie. Oltre i rom, oltre Roma, al di là delle questioni legate alle marginalità, la politica riproduce attorno a se stessa ed alimenta nella società un clima di scontro perennemente incendiario. Da questo lungo vocabolario, oltre alla presunta, comoda e macroniana sparizione della destra e della sinistra, spariscono azioni e parole che parlino di sociale, integrazione, mediazione, solidarietà, accoglienza. Tutto questo bagaglio, magari solo evocato a parole, rimane abbandonato, dimenticato in una periferia politica che si rispolvera per qualche giorno.

A partire da oggi, per senso di colpa nei confronti di tre sorelle d’Italia, morte di irresponsabilità politica.

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