L’ultima volta che i Black Lips hanno pubblicato un album è stata quattro anni fa, con Underneath the Rainbow, che arrivò al 143esimo posto della top 200 della Billboard. Ne seguì un tour, che toccò anche l’Italia.
Ora tornano con un nuovo album, Satan’s Graffiti or God’s Art?, pubblicato un anno fa e che vede una nuova formazione della band: dai soliti quattro, sono passati a cinque, grazie all’arrivo di Jack Hines, una faccia conosciuta avendo preceduto il chitarrista Ian St. Pe, e il batterista Oakley Munson, che sostituisce Joe Bradley. Della formazione precedente rimangono solo il bassista Jared Swilley e il chitarrista Cole Alexander. Non solo, ma la band ha deciso di aggiungere un elemento sonoro nuovo con il sassofono di Zumi Rosow, addottato anche per dare un po’ di sostanza alla nuova sonorità dei Black Lips.
Cosa comporta questo cambiamento, non diciamo radicale, ma quasi? Nel corso dei loro vent’anni di operato, la band non ha mai toccato vette di popolarità, nonostante il lavoro e la passione messa in ogni album pubblicato. Solamente con gli ultimi due, Arabia Mountain e il precedentemente nominato Underneath the rainbow, i Black Lips hanno potuto entrare cautamente tra le fila della musica cosidetta “mainstream“, pur restando fedeli al loro stile. Sono passati dal garage-rock, alle ballate pop, al country, alla psichedelia degna da scena di Trainspotting, alla musica fatta in casa e allo stesso momento si danno alla musica hi-fi.
Insomma loro ci danno dentro con il poutpourri di generi e sonorità, come hanno sempre fatto, non solo da un album all’altro ma da una canzone all’altra nello stesso album. Un tratto caratteristico della band che se non fossero così, non sarebbero loro.
Il loro nuovo album Satan’s graffiti or God’s art? ripropone questa linea di pensiero, mettendo insieme di tutto e di più, complicando i brani con ghirigori musicali, allungando i minuti di ascolto dei 18 pezzi dell’album. Nei credits troviamo lo zampino di Sean Ono Lennon come produttore, con i vocals della mamma in sottofondo (quasi impercettibili), e un aiuto arriva anche da Saul Adamczewski della Fat White Family, band anarchica inglese. La complessità dell’album è aperta da un Overture, è spezzata da diversi Interlude, precisamente tre, ed è chiusa alla fine da un Finale. Un lavoro che consiste in brani totalmente slegati tra loro, che vanno a interpretazione quasi quanto i test di Rorschach. Probabilmente i Black Lips hanno deciso che seguire la massa non ha alcun senso e sono tornati a fare i teenagers ribelli, mandando tutti a quel paese. Di per sè, l’album è ascoltabile, ma la sua complessità musicale stordisce un pochino l’ascoltatore, che arriva all’ultima traccia confuso e con le vertigini. Ma quasi tutti gli album della band si prestano poco all’ascolto in cuffia e molto di più alla dinamicità di un concerto, facendo venire voglia di scatenarsi, ballare e saltare senza sosta fino alla fine.
Il tour del nuovo album tocca le principali città dell’Europa e degli States, arrivando in Italia al Bronson di Ravenna. Il concerto si terrà il 16 maggio dalle 21 all’interno dello spazio appena fuori le porte di Ravenna. Facilmente raggiungibile in macchina e autobus (al ritorno è consigliato organizzarsi con taxi o macchine o bicicletta per raggiungere il centro di Ravenna). Il Bronson è gestito da Bronson Produzioni, che si occupa anche dell’Hana-bi, dove organizzano concerti sulla spiaggia, e di Fargo, un localino molto carino nel centro di Ravenna, dove potete mangiare o bere qualcosa prima del live.
I Black Lips tornano con un nuovo album, Satan’s Graffiti or God’s Art?, pubblicato un anno fa e che vede una nuova formazione della band.