Una sfida nella quale Brugnaro aveva acceso le micce e le minacce con quel suo ‘vieni fuori’, rivolto al ragazzo ‘reo’ di aver manifestato giorni prima la sua preferenza al NO referendario, con un cartello che recitava ‘Renzi e Brugnaro, la generazione ribelle vi seppellirà’.
Da quell’invito pieno di rancore bullista, Brugnaro se ne era poi fuggito fisicamente a gambe levate. Ma evidentemente non aveva placato la sua violenza vendicativa. Ora infatti arriva la vendetta più meschina che si possa immaginare: punire la dissidenza usando l’arma dell’espulsione da una attività lavorativa.
Precaria certo: Niccolò fino a ieri faceva la maschera al Teatro La Fenice. Ma proprio perché di precariato si parla, una palude nella quale intere generazioni vivono quotidianamente nel nostro Paese, la piega che ha preso questa vicenda assume contorni gravissimi. Questa ritorsione, dalla quale ovviamente Brugnaro allontanerà da sé ogni sospetto ma che avviene con una coincidenza di tempi che non lascia spazio ad immaginazione, rispecchia in toto la condotta di un uomo che esercita il proprio ruolo con un approccio inequivocabilmente autoritario.
Un sindaco che usa la violenza e l’intimidazione come metodi prioritari per affrontare chi non è d’accordo con lui. Lo si è visto ampiamente in Consiglio comunale, lo si vede in ogni occasione in cui Brugnaro deve risolvere le controversie più impegnative.
Soprattutto Brugnaro coltiva una concezione malata dell’amministrare, una visione che riduce i cittadini veneziani, sicuramente quelli dissidenti rispetto alle sue idee e azioni, alla stregua di dipendenti che devono tacere e devono subire ogni bizza e decisione del padre-padrone.
Sullo sfondo di questa vicenda si aggiunge il sempre più marcato indebolimento dell’opposizione politica, che dopo il Patto per Venezia tra Renzi e Brugnaro, taglia pesantemente le gambe al PD e al centrosinistra.
Fatto salvo il M5S e qualche anima isolata che comunque non riescono a fare sufficiente massa critica, diventa sempre più allarmante lo spazio di libera prepotenza istituzionale concessa al padre-padrone. Resta, fuori dai palazzi, il contrappeso della civica opposizione dei cittadini che non vogliono subire questo coprifuoco intimidatorio sulla libertà di manifestare ed esprimere le proprie idee.
Ma la sensazione è che questa ritorsione esemplare, eseguita nei confronti di Niccolò Onesto, proietti drammaticamente la città in un vuoto di democrazia che nessun premier, nessun Unesco e nessun profeta della salvezza della città, vuole vedere.
Salvarsi da questo baratro democratico diventa a questo punto una priorità.
++++ AGGIORNAMENTO ++++
(NDR: Inseriamo il pezzo aggiornato, dopo che il sindaco ha deciso di telefonare al sovrintendente della Fenice Chiarot e far reintegrare il ragazzo).
Alla fine la ritorsione è rientrata. Ma di questo si è trattato: di una ritorsione in piena regola. Difficile pensare ad altro, vista la sospensione dal lavoro a chiamata che Niccolò Onesto si è ritrovato a subire per qualche ora, a pochissimi giorni di distanza da quella sfida verbale che lo ha visto protagonista contro il sindaco Luigi Brugnaro, nel corso di un incontro pubblico dedicato al mondo della scuola. Una sfida nella quale Brugnaro aveva acceso le micce e le minacce con quel suo ‘vieni fuori’, rivolto al ragazzo ‘reo’ di aver manifestato giorni prima la sua preferenza al NO referendario, con un cartello che recitava ‘Renzi e Brugnaro, la generazione ribelle vi seppellirà’. brugnaro-arrabbiato Da quell’invito pieno di rancore bullista, Brugnaro se ne era poi fuggito fisicamente a gambe levate. Ma evidentemente la sua voglia di vendetta o di chi pensa sia doveroso rendergli cieco servigio, ha continuato a covare. Una vedetta meschina: punire la dissidenza usando l’arma dell’espulsione da una attività lavorativa. Precaria certo: Niccolò fa la maschera al Teatro La Fenice.
Ma proprio perché di precariato si parla, una palude nella quale intere generazioni vivono quotidianamente nel nostro Paese, la piega che ha preso comunque (al di là del dietrofront) questa vicenda, assume contorni gravissimi. Questa ritorsione rientrata, evidentemente sull’onda delle polemiche che già cominciavano a montare feroci, rispecchia comunque in toto un clima e la condotta di un uomo che esercita il proprio ruolo con un approccio inequivocabilmente autoritario. Facendolo pesare sempre e comunque. Un sindaco che usa costantemente la violenza e l’intimidazione come metodi prioritari per affrontare chi non è d’accordo con lui.
Lo si è visto ampiamente in Consiglio comunale, lo si vede in ogni occasione in cui Brugnaro deve risolvere le controversie più impegnative. Soprattutto Brugnaro coltiva una concezione malata dell’amministrare, una visione che riduce i cittadini veneziani, sicuramente quelli dissidenti rispetto alle sue idee e azioni, alla stregua di dipendenti che devono tacere e devono subire ogni bizza e decisione del padre-padrone.
Sullo sfondo di questa vicenda si aggiunge il sempre più marcato indebolimento dell’opposizione politica, che dopo il Patto per Venezia tra Renzi e Brugnaro, taglia pesantemente le gambe al PD e al centrosinistra. Fatto salvo il M5S e qualche anima isolata che comunque non riescono a fare sufficiente massa critica, diventa sempre più allarmante lo spazio di libera prepotenza istituzionale concessa al padre-padrone.
Resta, fuori dai palazzi, il contrappeso della civica opposizione dei cittadini che non vogliono subire questo coprifuoco intimidatorio sulla libertà di manifestare ed esprimere le proprie idee. Ma la sensazione è che questa ritorsione momentanea e magari eseguita da qualcuno di eccessivamente zelante, appalesi per la città un deficit di democrazia che nessun premier, nessun Unesco e nessun profeta della salvezza della città, vuole vedere. Salvarsi, difendersi da questa debolezza democratica è una priorità.