RENE’ BURRI, UTOPIA
FERDINANDO SCIANNA, IL GHETTO DI VENEZIA 500 ANNI DOPO
[dropcap type=”1″]I[/dropcap] due progetti espositivi si snodano in maniera autonoma, ma coerente, lungo un percorso ascensionale che trova il suo inizio nelle fotografie di Renè Burri con le sue Utopie e il suo viaggio attraverso i grandi processi di trasformazione politica, sociale e culturale.
Processi che si articolano anche attraverso le architetture e gli architetti della storia, ritratti anch’essi con la stessa solidità delle cattedrali e dei palazzi da loro progettati. Il percorso espositivo si conclude all’ultimo piano, con gli scatti di Ferdinando Scianna che, attraverso la dimensione contemporanea del ghetto di Venezia, ne omaggia i cinquecento anni dalla nascita.
Questi due grandi maestri, entrambi membri della prestigiosa agenzia fotografica Magnum Photos, attraverso la loro particolarissima visone del mondo, rivelano quello che è l’affascinante potere dell’obbiettivo fotografico,del “ terzo occhio”, ovvero il saper vedere oltre la superficiale prima impressione e trascriverlo visivamente.
Intraprendendo il percorso espositivo, al piano terra, il visitatore viene accolto dagli scatti di Renè Burri che testimoniano la sua passione per i viaggi, per la storia, per il mondo. I luoghi si rivelano, si mostrano nella loro essenza, nella loro contemporaneità, attraverso attente composizioni, attraverso gli sguardi pronti, veloci; perché “ le fotografie sono come i taxi nell’ora di punta – se non sei veloce abbastanza, qualcun altro arriverà prima di te”.
Dopo i luoghi, è il momento degli spazi, quelli “costruiti”. Le architetture e gli architetti più grandi del XX secolo introducono il tema dell’abitare; I ritratti in bianco e nero di Oscar Niemeyer, di Tadao Ando, Luis Barragan (e non solo) dimostrano che il costruire è un atto di profondo ottimismo e Le Corbusier, al di là dei suoi occhialetti neri, razionale e concentrato, ci dimostra che l’architettura deve avere ragione, sempre.
Il tema dell’abitare continua nell’ultimo piano, ma qui, viene discretamente affiancato da un altro concetto, profondo come le radici di un popolo e struggente come la perdita di esse: l’Heimat. Questa parola di origine tedesca, rappresenta un’entità imprescindibile e, limitandoci al contenuto psicologico positivo del termine, significa sicurezza.
[quote_colored name=”” icon_quote=”no”]Heimat è il paese dell’infanzia, della giovinezza. E’ il senso di appartenenza ad un luogo, ad una cultura, ad una tradizione.[/quote_colored]
La complessità di questi temi e la densità della storia vengono delicatamente catturate e mostrate nel reportage fotografico che Ferdinando Scianna dedica al ghetto di Venezia cinquecento anni dopo. Sono scatti suggestivi di luoghi che sempre raccontano storie, a volte lunghe secoli, altre brevi come un istante.
Tra gli spazi del ghetto, contemporaneità e passato si guardano e intraprendono un dialogo sofferto, ma rispettoso di ciò che è stato e di ciò che è. Ferdinando Scianna, attraversa quei luoghi con umiltà; come un funambolo in equilibrio su una corda tesa, ci mostra la sua veduta della Kosher House – il giardino dei melograni-, ci accompagna lungo le calli e noi possiamo assaporarne il “ sapore visivo”.
Il tema religioso, affascinante, prepotente, complesso, affiora dagli spazi vuoti che dovrebbero contenere la Torah e in un altro scatto, “ meditazioni notturne”, sembrano invocare una smisurata preghiera.
E’ la realtà miracolosa che si rivela.
E’ un racconto in cui il mistero sta nel visibile.
E’ l’enigma della fotografia, che tutto mostra e nulla rivela.
RENÈ BURRI
UTOPIA
FERDINANDO SCIANNA
IL GHETTO DI VENEZIA 500 ANNI DOPO
TRE OCI/VENEZIA
26.08.2016>08.01.2017