Divisione Venezia-Mestre. Dal ‘separiamoci’ allo ‘sfrattiamo Brugnaro’: un referendum politico.

Dal ‘separiamoci’ allo ‘sfrattiamo Luigi Brugnaro’. Al netto della girandola di ricorsi che aleggia nell’aria, prende sempre più corpo l’ipotesi che il 22 ottobre prossimo si tenga uno ‘storico’ election day referendario, con la doppia chiamata dei cittadini alle urne: sull’autonomia regionale e sulla divisione amministrativa di Venezia e Mestre. E prende sempre più sostanza la prospettiva che il referendum separatista tra lagunari e terrafermieri si trasformi in una consultazione di metà mandato sul sindaco di Venezia, dal sapore totalmente politico.
[dropcap type=”1″]U[/dropcap]na prospettiva determinata da molteplici fattori. In primo luogo quello legislativo. Dal fronte dei tecnici trapela infatti la sottolineatura dell’esistenza di una norma, il ‘Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali’, che all’articolo 8 prevede la ‘rinnovazione integrale’ del Consiglio comunale nel caso in cui “in conseguenza di una modificazione territoriale, si sia verificata una variazione di almeno un quarto della popolazione del Comune”. La vittoria dei favorevoli alla separazione sortirebbe questo scenario e dunque si procederebbe a nuove elezioni con la decadenza del Consiglio e giocoforza del sindaco.


Sul quando (immediatamente dopo il voto referendario oppure alla prima tornata elettorale utile, come spiega oggi Alda Vanzan su Il Gazzettino) pare non via sia ancora chiarezza. Ma si tratta di un dettaglio destinato ad avere un peso relativo rispetto al tema di un referendum destinato ad essere svuotato dei contenuti per i quali è stato proposto e ad essere riempito di senso plebiscitario. Esattamente quanto è successo lo scorso 4 dicembre con Renzi e il referendum costituzionale.

La pasta di cui è fatto Brugnaro è in fin dei conti la stessa di Renzi: il ‘Stago qua anca mi’ fatto rimbalzare come risposta del primo cittadino alle associazioni e ai movimenti civici veneziani che al grido di ‘Mi no vado via’ hanno manifestato domenica scorsa a difesa della loro vivibilità, è un segnale di battaglia, una rivendicazione di leadership senza mediazioni, che anticipa uno scontro potenzialmente esplosivo in vista del 22 ottobre.

Senza dimenticare l’annuncio, fresco-fresco in questa estate veneziana politicamente caldissima, della sua volontà di ricandidarsi a sindaco: un marcamento di territorio anticipatissimo e non richiesto, giocato anche sull’onda del successo della sua Reyer, ma eloquente di una volontà di sfida, di una voglia di continua resa dei conti contro l’accozzaglia che non sta con lui.

Cosa c’è dunque di meglio del referendum? Ma quali sono i possibili effetti di un referendum che verrà vissuto come occasione plebiscitaria o come cacciata dell’invasore Brugnaro?


L’irrazionalità.
L’affondamento delle ragioni dei pro e dei contro alla separazione e l’emergere di uno scontro tra pance, che amano oppure detestano in modo viscerale Brugnaro, è un fattore di rischio preoccupante. A queste condizioni sfuma irrimediabilmente l’ipotesi di una consultazione affrontata come sfida tra diverse progettualità per il futuro di questo territorio. Come qualcosa di costruttivo. Da questo conflitto irrazionale si rischia di uscire ecumenicamente con le ossa rotte, al di là della separazione o meno.

Il Super Brugnaro.
Questa volta, la quinta, è del tutto possibile la vittoria del SI’ alla separazione. L’election day potrebbe giocare a favore di un’affluenza sufficiente per raggiungere il quorum. Ma conviene davvero per i separatisti spingere sul tasto della cacciata di Brugnaro? Il modello di una politica plebiscitaria trova infatti quest’ultimo tutt’altro che impreparato. Se la partita verrà giocata su questo terreno c’è da scommetterci che la giocherà dando fondo alle sue risorse, sia economiche quanto di populista, che al posto del richiamo unionista sfodererà ogni carta allettante, come quella delle realizzazioni dello stadio e del palasport. La vittoria del NO diventerebbe a quel punto non solo la sua vittoria ma provocherebbe un salto di qualità: dal Brugnaro uomo solo al comando al Super Brugnaro capace di annientare ogni avversario e avversità.

E l’alternativa a Brugnaro?
Dalle due precedenti considerazioni deriva un punto di domanda che riguarda il fronte, non ancora costruito ma da più parti auspicato, di una possibile alternativa civico-politica a Brugnaro. Il referendum sulla separazione è in ogni caso destinato a dividere quanto potrebbe essere messo in cantiere, visto che molti soggetti civici veneziani spingono per la divisione mentre la politica, soprattutto nel centrosinistra, stenta ad uscire allo scoperto, consapevole delle diversità di vedute anche interne. Il punto di domanda sta nel capire come limitare al massimo lo sparigliamento e lo spiazzamento. Questo potrà ad esempio avvenire rinunciando a demonizzare chi, pur opponendosi politicamente a Brugnaro, potrà sostenere ugualmente le ragioni dell’unione di Venezia e Mestre. In conclusione, conviene davvero scommettere il tutto per tutto su quell’irrazionale ‘tutti contro Brugnaro’, con il rischio che alla fine si partorisca un Super Brugnaro?

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