L’autore a tutto questo prova a dare utopisticamente una soluzione : “minimizzare” (downsizing) gli esseri umani attraverso un complesso processo chimico al fine di produrre una società che consumi meno e produca meno inquinamento, in altre parole una società più “piccola“.
Il topos cinematografico della riduzione sicuramente non è una novità quanto a contenuto (Tesoro, si sono ristretti i ragazzi, 1989 e Un salto nel buio, 1987 per citarne alcuni) ma piuttosto una novità di intenti che dona al film un tratto di interesse a primo acchito.
Al centro della vicenda si trovano i coniugi Safronek Paul e Audrey (Matt Damon e Kristen Wiig) che trovandosi in difficoltà finanziarie decidono di affrontare il processo di miniaturizzazione sperando così di avere una vita migliore nei nuovi e iperaccessoriati “villaggi per piccoli”: il processo, inventato qualche anno prima da un team di studiosi norvegesi, non é infatti obbligatorio ma una scelta -definitiva ed irreversibile- lasciata al libero arbitrio che ognuno, in coscienza, deciderà se mettere in pratica.
La prospettiva di vita di Paul e Audrey cambia radicalmente rispetto alla tranquilla ma triste routine di Omaha (città natale del regista). Ogni giorno che passa Paul prende atto non solo di non aver realizzato i suoi sogni, ma soprattutto di non sapere più chi sia e quale sia il suo ruolo all’interno di una società ormai allo sbando. Una volta affrontato il processo di miniaturizzazione, trovatosi ormai solo e abbandonato dalla moglie, rimasta “grande”, Paul sarà costretto a fare i conti con una realtà che, sebbene sia di misura ridotta, mantiene le stesse problematiche che affliggono la società reale.
Il velo di Maya viene svelato per Paul con l’entrata in scena di altri personaggi: il ricco vicino di casa serbo Ducan (uno spassoso Christoph Waltz) e la talentuosa Hong Chau che interpreta la parte di una bizzarra vietnamita senza una gamba, dotata di spiccato animo umanitario e che vive nelle favelas del villaggio di miniaturizzati.
Dal desiderio di disegnare una realtà utopica, il film per un buon tratto risulta distopico, in qualche misura inquietante, per poi virare al tono preponderante della commedia. L’insieme risulta gradevole ma la sovrastruttura creata dal regista a livello tematico si mescola in un potpourri dal grande potenziale che però rimane irrisolto.