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“Le riforme proposte non hanno certo la profondità e la chiarezza necessarie”.
“Un dibattito che ha, fin dall’inizio, abbandonato il tema fondamentale, ossia una modesta riforma costituzionale, per trasformarsi in una sfida pro o contro il governo”.
“Era chiaro che se si voleva chiedere una decisione sul contenuto della riforma costituzionale lo si sarebbe dovuto separare, come saggiamente da alcuni proposto fin dall’inizio dell’estate, dalla sorte del governo”.
“Quando da bambino cercavo di volere troppo, mia mamma mi guardava e diceva: ‘Romano, ricordati che nella vita è meglio succhiare un osso che un bastone’”.
“L’elettore italiano e l’osservatore straniero sono stati messi di fronte ad un confronto che ha per mesi esaltato le debolezze esistenti del nostro paese e ne ha inutilmente inventate delle non esistenti. Un dibattito che ci ha indebolito all’estero per pure ragioni di politica interna. Una rissa sulla stabilità, inutilmente messa in gioco da un’improvvida sfida”.
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[dropcap]S[/dropcap]oprattutto quando Prodi, nel ricordare la stagione dell’Ulivo che lo vide leader, afferma che “La mia vicenda politica si è identificata nel tentativo di dare a questo paese una democrazia finalmente efficiente e governante: questo è il modello maggioritario e tendenzialmente bipolare che le forze riformiste hanno con me condiviso e sostenuto”.
Un bravo a Renzi? Neanche per sogno. Anzi: “C’è chi ha voluto ignorare e persino negare quella storia, come se le cose cominciassero sempre da capo, con una leadership esclusiva, solitaria ed escludente”. Una botta, comunque, la riserva anche a D’Alema: “c’è chi ha poi strumentalizzato quella storia rivendicando a sé il disegno che aveva contrastato”.
Ma se la riforma non va bene e se Renzi è lontano anni luce dal suo Ulivo (anzi Renzi sta andando esattamente dalla parte opposta), su cosa si fonda allora il SI’ di Prodi al referendum? Di fatto, sulla speranza che il suo SI’ “giovi al rafforzamento della nostre regole democratiche, soprattutto attraverso la riforma della legge elettorale”.
Non salva, dunque, nemmeno l’Italicum. Ma sostanzialmente invita a turarsi il naso in nome della difesa della stabilità e della democrazia, evidentemente minacciata dall’eventuale avanzata dei NO.
La dichiarazione immediata di Renzi conferma la linea: “Fatemi dire grazie a Romano Prodi che ha detto che voterà sì, pur non condividendo tutto, ma ha riconosciuto che ci sono delle emergenze per il Paese”. Quella, in serata, di Bersani, ne conferma il deficit:“Prodi ha usato una bella metafora contadina, si è convinto ‘a succhiare l’osso’. Non mi sembra un sì entusiasta, lo rispetto. Io non mi turo il naso e non lascio il No alla destra”.
Se non ha senso pesare gli effetti dell’uscita di Prodi sul risultato finale del 4 dicembre, resta un ampio spazio per eccepire sul senso logico di un ragionamento che, alla fine, non fa che evocare, sottovoce, paure e richiami al male minore.
Prodi resta sicuramente un intoccabile Padre Nobile. Ma quella storia di cui è stato emblema meritava, come lui stesso d’altronde, un miglior trattamento. Non una svendita da fine campagna referendaria.