Edited by Giulia Meterangelis
Interview with Ludovico Milani e Gabriele Litta classi 1987 e 1985.
Si sono conosciuti nel 2006 durante il percorso di studi all’accademia di costume e moda di Roma dove entrambi hanno studiato, collaborano già dal secondo anno a progetti di costumi di scena, shooting fotografici, progetti di styling e concorsi.
Da settembre 2009 a settembre 2010 Ludovico lavora come assistente del fashion coordinator della seconda linea di Galliano (Uomo-Donna), vince poi il concorso “riccione Moda Italia” e nel settembre 2010 comincia una collaborazione con MaxMara (presso gli uffici stile di S’ e Sportmax) a gennaio 2011 vince insieme a Gabriele il concorso “Talents 2011” all’interno della manifestazione altaromaaltamoda ; torna a roma e definitivamente si consolida il rapporto lavorativo con Gabriele.
A luglio 2011 vince il concorso “the fashion contest award” e a novembre dello stesso anno diventa head designer della linea di accessori CorsoGaribaldi insieme a Gabriele.
Gabriele lavora come assistente del fashion coordinator della seconda linea di Galliano (Uomo-Donna) da agosto 2010 a febbraio 2011, vince il concorso “talent 2011” con Ludovico con il quale consolida la collaborazione lavorativa, a ottobre 2011 è L’art director della campagna pubblicitaria di “Hebe” e a novembre 2011 diventa head designer con Ludovico della linea di accessori CorsoGaribaldi.
Com’ è nata la vostra collaborazione?
la nostra collaborazione è nata dall’esigenza di un movimento interiore, dalla voglia di comunicare attraverso un linguaggio creativo che ci appartiene da sempre ma in modo diverso.
I nostri due mondi sono altrettanto lontani e vicini, ci compensiamo e equilibriamo a vicenda partorendo continuamente idee dai nostri incontri-scontri.
Da da vecchi ricordi a nuove tecniche di ricerca e sperimentazione.
Il passato ci affascina tanto quanto l’idealizzazione del futuro, abbiamo voluto creare un connubio di elementi che facessero tornare alla mente un’idea di vecchio, vissuto, secco; concependo però queste sensazioni in un ideale contemporaneo-futuristico attraverso la matericità del lattice liquido colato su elementi come fiori secchi, immagini sacre, pizzo e colori marmorizzati.
A chi sono indirizzate le vostre creazioni?
Il nostro ideale di donna è piuttosto elitario, è un concetto più che una donna, è un modo di essere, slegato dal giudizio, che si avvicina quasi di più ad una visione artistica che a quella prettamente commerciale del fashion system
I vostri vestiti devono essere spiegati per essere capiti. che accezione date a questo aspetto rispetto ai giorni nostri?
Nel nostro periodo storico, ciò che ci contraddistingue è la frenesia e la velocità con cui ci scambiamo informazioni, attraverso questa collezione noi vorremmo che i fruitori delle nostre creazioni si fermassero ad assaporare i concetti che ci sono dietro, si soffermassero a ricordare a provare sensazioni che con la velocità vanno perse o per lo meno dimenticate.
La spiegazione dell’abito diventa dunque un valore aggiunto, un modo per dialogare.
Vi immaginate in un contesto pret-a-porter?
Il contesto del pret-a-porter è qualche cosa che ci appartiene come percorso formativo, le aziende in cui abbiamo lavorato sono aziende improntate sul concetto di creatività dosata e commerciabilità, sicuramente non corrisponde al nostro concetto di moda ma questo non vuol dire che il mondo del ready to wear sia una sfida che non ci affascina, non è facile essere appetibili competitivi e creativi allo stesso tempo e per adesso stiamo affrontando questo discorso disegnando la linea di accessori CorsoGaribaldi, lavoro che ci soddisfa a pieno.
Come vedete l’alta moda da qui a 10 anni?
L’alta moda è un concetto che sta lentamente sparendo, forse è anche giusto così, la storia è ciclica e in questo momento le paure che ci attanagliano non danno la possibilità di sognare liberamente, ma crediamo fermamente che in tempi di crisi come questi l’essere umano è in grado di creare con la propria forza dei movimenti rivoluzionari e così da qui a 10 anni immaginiamo un mondo di creativi dalle figure ibride che sperimentino in campi molto più vicini all’arte che al commercio stesso, dando nuova forza e respiro ad un mondo che ha troppa voglia di sicurezze.
E come vi vedete voi in quel contesto?
In quel mondo ci vediamo impegnati, nei nostri progetti e nell’infondere coraggio a chi verrà dopo di noi.
Com’è nato il nome Pesce & Patata?
Il nome è nato dalla necessità di ridicolizzarsi in un contesto dove tutto è troppo serio, tutto è troppo importante e chiunque lo è più di altri.
La verità è che nel nome di qualsiasi cosa risiede la forza e il concetto di tutta l’impresa, concetto sostenuto da contenuti concreti, estrema creatività e lavoro a pieno ritmo.
Che progetti avete per il futuro?
Nel futuro ci sono possibilità immaginifiche, per adesso noi vogliamo concentrarci sullo sviluppo del nostro lavoro come PesceePatata e su consulenze o progetti di pret-a-porter che ci soddisfino, non perdendo mai quella sete che ci spinge a ricercare, conoscere e sperimentare in campi che conosciamo e perchè no anche in quelli che vanno ancora esplorati.