edited by tobia piatto (tobia.piatto@positive-magazine.com)
Fulminea e dirompente. O, piuttosto, lenta e ragionata. Magari, invece, inaspettata e illuminante. Oppure ossessiva e persistente, come un tarlo innestatosi profondamente nel legno. L’intuizione artistica non prevede regole precise. È come una scintilla che scaturisce nella mente dell’artista e cerca ogni via per palesarsi al mondo. Qualche artista è assalito da miriadi d’idee tutte in una volta, altri le elaborano dopo estenuanti sedute fatte di riflessione ed esercizi. Ognuno trova il proprio metodo per gettare su carta la propria intuizione, per fissare nel mondo reale quanto gli frulla in
testa. Non si tratta ancora dell’opera finita, bensì della sua prima incarnazione essenziale. Questa manifestazione primordiale della propria intuizione segna il confine fra la mera speculazione intellettuale e l’avvio d’un procedimento che culminerà nella fattiva produzione d’un oggetto o di un intervento d’altro genere che possiamo considerare arte. In questo stadio, tuttavia, sono già presenti i tratti fondamentali dell’opera finita e che ne descrivono appieno, seppur immaturamente, la completa cifra artistica. Comprendere il modo con cui un artista è capace di catturare le proprie intuizioni, ne esplica ed esemplifica l’approccio globale in fatto di arte. Ma anche nei confronti della società e del suo funzionamento, poiché l’artista propone la sua produzione di significati e significanti nel più ampio contesto della compagine umana in cui si trova a vivere e operare. In una società satura d’immagini, l’intuizione e l’approccio metodico di un artista visivo assumono talvolta un significato di gran lunga maggiore rispetto alla concreta realizzazione finale. L’intuizione in sé e il metodo con cui essa viene fissata può descrivere appieno la posizione d’un autore rispetto al mondo che lo circonda. intuAzioni vuole essere l’occasione per un nutrito gruppo di artisti emergenti, attivi a Venezia, di proporre e dimostrare pubblicamente la quantità e varietà di approcci che possono coesistere nell’attività artistica. C’è chi riempie taccuini e fogli di schizzi e disegni; oppure chi ricalca immagini proiettate su parete; chi invece registra per iscritto i propri pensieri sopra a ogni superficie che gli capiti a tiro; chi ancora racconta delle sue idee ad amici e conoscenti; chi infine fa intervenire estranei sulle proprie intuizioni per poi tornarci sopra e farsene venire di nuove. intuAzioni intende offrire l’opportunità a degli artisti emergenti di presentarsi, mettendo a nudo il proprio intimo approccio all’arte: ognuno potrà sfruttare la massima libertà di mezzi espressivi, caratteristici del metodo per registrare le proprie intuizioni, ma dovrà arrestarsi un attimo prima di incorrere nella finalizzazione dell’opera.
Nella sede dell’associazione gli artisti coinvolti presenteranno i frutti della propria intuizione, del proprio modo di lavorare e concepire l’arte, soprattutto sotto forma di disegni. Ci sarà chi come Jacopo Pagin e Giacomo Modolo intervengono su fogli di vario formato ponendosi come obiettivo l’accumulo, la produzione eccessiva di idee e disegni: il primo aggredendo la pagina in maniera impulsiva con le sue fantasie ed ossessioni, il secondo riversando invece su fotocopie segni e immagini appartenenti alla raccolta dei propri ricordi di vita. Stefano Bullo lavorerà invece sulla raccolta d’immagini che colleziona scrutando il web, una fonte d’ispirazione che riempie ormai il nostro immaginario visivo, e si adopera così a trarre disegni e ritratti rapidissimi che catturano momenti di esistenza mediatica. Bodo Boehm interverrà sulle superfici più varie, comprese proprie opere finite, che utilizza per ricalcare sopra a un foglio, così da far emergere dal piano la suggestione di spazi tridimensionali e paesaggi. Canta fuori dal coro Nicolas De Luigi, il quale sarà invece impegnato a mostrare la resa su carta della tecnica di sviluppo fotografico: figlie di un procedimento meditato di molteplici esposizioni e asciugature, i suoi autoritratti si presentano come l’immagine di una persona umana in cerca di definizione. Gianluca Rossitto presenterà i suoi disegni impilandoli come una lista di ordinazioni su uno spillone ad indicare l’enorme quantità di spunti che ogni giorno un artista può produrre, mostrandoli attraverso un televisore in bianco e nero come a significarne la mancata realizzazione nella realtà. L’esperienza così mediata diventa fonte di riflessione sull’intuizione.
Nell’atrio della quattrocentesca scoletta degli antichi calzolai veneziani tre giovani artisti collaboreranno per mettere in connessione le proprie intuizioni, simili fra loro, ma complementari. Tutti e tre lavorano sugli elementi che permeano e definiscono la nostra idea di spazio, concentrandosi però in maniera ripetitiva – quasi a ironizzare sulla produzione seriale – sui residui della società. Edoardo De Stalis disegna ambienti, spesso deformati, ma definiti dagli elementari motivi decorativi che racchiudono lo spazio convenzionale d’un interno, come i moduli di piastrelle o i ritmi d’una carta da parati. Chiara Guidotto raccoglie mobili e oggetti in qualità di residui dell’esistenza, messi poi a interagire fra loro come a ricreare (o reinventare) la storia di chi li ha vissuti: in genere si tratta di mobili abbandonati al proprio destino che trova sui banchetti dei mercatini oppure nelle discariche. Isabella Paris, invece, inventa forme: le più strane e mostruose, simili a ingrandimenti di amebe al microscopio, oppure a muffe e residui decomposti di materiale organico. Tutte sono però ingentilite dall’aspetto morbido della superficie di stoffe cucite assieme e si innestano nello spazio come elementi necessari, seppur residuali. Questi tre artisti andranno a riversare le le proprie intuizioni collaborando alla realizzazione d’uno spazio, ciascuno con i propri elementi cardinali: chi ne fissa i contorni, chi lo riempie d’oggetti e chi vi infrappone organicità.
Lo spazio aperto del campo sarà utilizzato invece soprattutto per leattività dal vivo degli artisti, o per gli allestimenti di ampio formato. Anche qui il concetto comune rimane quello di presentare il proprio approccio all’arte. Lucia Apolloni e Katarina Strugar si caleranno nel loro lavoro di pittura offrendo visione delle rispettive fonti d’ispirazione, legate a elementi concreti: la prima dipinge in verticale utilizzando l’acqua, sporca o pulita, quale elemento vivificante e contenitore di esperienze umane; la seconda invece opera in orizzontale sintetizzando i propri colori attraverso materiali trasferiti da altri luoghi, quali pietre o terriccio, che si trasformano in catalizzatori di tali luoghi sulla tela. Sempre nell’ambito della pittura, Antonino Busà metterà in opera un videoproiettore puntato su una tela stesa, così da ricalcare le immagini trasmesse venendo egli stesso proiettato sul dipinto. Gli altri tre artisti in campo opereranno invece con la scultura e l’installazione ambientale. Elena Armellini monterà una tenda al centro alla piazzetta, su cui saranno cuciti disegni, scritte e frasi tratte dalla propria esperienza o frutto dell’ispirazione del pubblico, come a voler costruire un angolo di riparo e intimità protetto dalle insidie dello spazio aperto, della vita vissuta fra gli altri. Alessandra Dianin possiede un concetto appetitoso dell’arte: le sue creazioni, oltre a sorprendere per fantasia di forme, sembrano anche molto buone. In campo allestirà una tavola imbandita con alcune prelibatezze pronte da consumare con gli occhi, mentre ad altre darà vita su carta per spargerle sulla tovaglia. Aran Ndimurwanko, infine, lotterà con la massa imponente della pietra scolpita per la vera da pozzo, attorno alla quale posizionerà le sue creature esili e slanciate: cervi e camosci, realizzati con poca argilla cruda spalmata sopra una sottile armatura di fil di ferro, i quali richiamano le prime intuizioni artistiche degli uomini rupestri e restano esposti alle intemperie per trovare la propria forma definitiva.
Fluida Project Space – Campo San Tomà – Scoletta dei Calegheri dal 23 (ore 18) al 30 giugno, ingresso libero.