Di fronte all’arresto di Luca Claudio, il sindaco di centrodestra di Abano Terme, arrestato a meno di 100 ore dalla sua rielezione con l’accusa di aver incassato tangenti su una serie di appalti, è sufficiente dire, come fanno i 5 Stelle veneti, che “serve onestà nelle istituzioni”? E i cittadini che lo hanno eletto per la quarta volta in 15 anni? Sono totalmente da assolvere?
Dando già scorrettamente per assodata la colpevolezza del ‘Re delle Terme’ (già da lunghi mesi sotto indagine e già da lunghi anni sulla cresta dell’onda, visto che dal 2001 ad oggi ha amministrato per 10 anni Montegrotto Terme e per altri 5 Abano) la tentazione politica di arraffare il bottino del consenso spingendo sul tasto dei cittadini che chiedono onestà alla politica è irresistibile.
La vicenda di Abano, ma anche di altre realtà sparse per il Paese, racconta invece una realtà diversa, che una politica onesta avrebbe il dovere di denunciare. Ovvero il fatto che il marcio, quando c’è, non sta solo nella politica ma è anche il risultato di una complice alleanza che coinvolge e chiama in causa direttamente i cittadini.
Se avessero arrestato Luca Claudio nel mezzo delle elezioni amministrative la schiera dei teorici della giustizia ad orologeria avrebbe sbraitato contro un’intromissione della giustizia nel libero esercizio della democrazia.
Invece, detta sempre in modo scorretto, è stato giusto così: l’averlo arrestato a poche ore di distanza dalla sua vittoria toglie ogni possibilità di assoluzione a chi lo ha rieletto. L’atteggiamento di chi ora liscia demagogicamente il pelo a quella comunità, che nel suo insieme ha determinato quella rielezione, e chiede ora nuove elezioni con la certezza di vincere, è il segno di una politica esclusivamente speculativa.
Perché salta a piè pari sulle responsabilità comuni che stanno alla base di un vasto sistema di criminalità amministrativa. Se ogni testa è un voto, ad Abano la somma non parla di onestà. Eppure, la voglia di bottino elettorale prevale su tutto e non richiama minimamente i cittadini al dovere di difesa della legalità. Non aiuta a costruire una cultura della legalità in grado di dotarsi di robusti anticorpi contro gli amministratori disonesti.
La voglia del bottino elettorale conduce invece ad un’omertà politica che salva gli elettori complici dei disonesti. Conduce ad una politica arraffona, che si aggira come avvoltoi tra le macerie lasciate dai disonesti. Propagandando onestà senza seminarla alla radice.