Per Virzì i tempi sono cambiati e diventati maturi come l’età dei protagonisti del suo film Ella e John, interpretati da due indimenticabili e superlativi Ellen Mirren e Donald Sutherland.
Questa volta l’autore livornese sceglie di ambientare la storia nelle zone meno spettacolari degli Stati Uniti (scelse l’ambientazione americana anche in My name is Tanino nel 2002) e non mancano i riferimenti ai fatti di attualità politica: si avverte la presenza sottobanco della figura di Trump, che però rimane in sordina esattamente come quella del rifugiato a cui Virzì affida il tiepido e insignificante ruolo di benzinaio alla partenza; forse l’aspetto più debole della pellicola.
La trama è davvero semplice e proviene da un romanzo di Michael Zadoorian; Ella e John, ormai anziani e con i figli grandi, decidono di intraprendere una “vacanzetta” a bordo del loro mitico camper Leisure Seeker pezzo da collezione Winnebago del ’75 percorrendo la Route 1 in direzione di Key West dove si trova la casa di Hemingway, idolo da sempre di John.
Leggendo la trama si penserebbe ad un classico road movie ma guardando la pellicola quello che Virzì offre al pubblico è molto di più.
The Leisure seeker è un film sulla libertà di scegliere come arrivare alla fine della propria vita, un film che racconta la tenerezza di un amore sincero e lungo l’intero arco di un’esistenza e che non trova battuta d’arresto nemmeno di fronte a malattie come Alzheimer e cancro, che con grande eleganza non vengono mai esplicitamente nominate, bensì definite come “perdita di memoria” dal protagonista che ne è affetto.
I dialoghi tra Ella e John, davvero eccezionali, bastano a rendere grande questo film che si mostra subito per la sua limpida onestà; semplicità e compattezza (per voler usare le parole dell’autore), sono i capisaldi che lo sostengono ma non mancano le raffinatezze a cominciare dalla colonna sonora.
Virzì infila nel suo ultimo lavoro anche un piccolo dettaglio autobiografico, scegliendo come tema portante quello del livornese Mascagni, autore dell’intermezzo del III atto di Guglielmo Ratcliff detto – non a caso – Il sogno .
Ironia raffinata e senso del tragico si alternano senza mai scontrarsi rendendo il film del tutto equilibrato nel suo intreccio emotivo che, senza grandi pretese estetizzanti, emoziona profondamente.