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Su internet c’è chi la chiama “la libreria più bella del mondo”. Ma la Libreria Acqua Alta è anche la più veneziana e fra le più bizzarre e originali in assoluto. Basta poco a capire perché: i suoi centomila libri in vendita, fra nuovi e usati, non sono sistemati ordinatamente in lineari scaffali ma accatastati in qualche mondo all’interno di barche, canoe, vasche da bagno e addirittura in una gondola con tanto di passeggeri (due bambolotti) che si sbaciucchiano.
I giornalisti stranieri ne vanno pazzi; i giapponesi hanno realizzato quattro servizi per le loro televisioni; i turisti francesi e tedeschi, che leggono di questo posto nelle guide, ci vogliono andare a tutti i costi. La stravaganza di questo enorme labirinto di libri in Calle Lunga Santa Maria Formosa, ricavato da un magazzino al piano terra che l’acqua alta “abbraccia” puntualmente, non può però essere raccontata, né capita, senza conoscere il suo ideatore.
Si chiama Luigi Frizzo, ha 73 anni, si rivolge alle donne a suon di complimenti, parla perfettamente cinque lingue e ha girato in tutto il mondo. Ha avuto tre figli con tre donne diverse ed è diventato libraio a quarant’anni, dopo aver fatto il cameriere a bordo delle navi, il minatore, il carrozziere, la guida turistica e un’infinita serie di lavori saltuari in ogni angolo del globo. «Sono nato a Vicenza, cresciuto in Val D’Aosta e ho goduto della mia giovinezza a Tahiti, in Nuova Zelanda, in Canada, in Australia e in tanti altri posti – racconta – Da piccolo pascolavo le mucche e aiutavo in miei genitori in campagna. E per strani percorsi della vita mi sono messo a fare il libraio». E che libraio: un seguace di Steiner che del motto “pensare, sentire, volere” ha fatto il leitmotiv della sua vita trasformando una libreria in mondo dove l’intelletto, le mani e la creatività sono una cosa sola. “Non si può solo leggere e studiare: bisogna anche fare, creare qualcosa con le mani – dice Frizzo – Solo facendo, si salta fuori: i libri parlano per insegnarci come agire”.
In mezzo ai libri di “Acqua Alta”, aperta nove anni fa, girano, mangiano e dormono quattro gatti, i volumi sono divisi per sezione e non esistono cataloghi digitali. Ci sono “chicche” introvabili sulla storia di Venezia, classici in lingua straniera, fumetti, stampe, cartoline, una galassia di esemplari sull’erotismo, e persino i profilattici del Casanova, che i turisti comprano come souvenir. Le uniche cose “tecnologiche” presenti nella libreria sono il telefono e la luce elettrica. A come trovare i libri che desiderano i clienti (il viavai è continuo) ci pensa Gianni Coppola, il fidato collaboratore di Frizzo che in mezzo a tanti mattoni di carta riesce sempre a pescare il titolo richiesto: «È come essere a casa. In casa tua sai sempre dove sono le cose, giusto? Ecco, io qui trovo sempre tutto a memoria».
La Libreria Acqua Alta, facile intuirlo, si chiama così perché, quando la marea cresce, Luigi Frizzo e Gianni Coppola vendono i libri con gli stivali di gomma addosso. In questo posto un po’ “sconto” vicino a Campo Santa Maria Formosa, l’acqua entra che è un piacere e i libri, infatti, sono tutti sistemati a quindici centimetri da terra. L’idea di accumularli in barche, vasche da bagno e in una gondola è venuta a Frizzo sia per rimanere il linea con il titolo, sia per dare un tocco di originalità alla libreria: «Mi sono portato qui un bel po’ di canoe in disuso e una decina di vasche – racconta Luigi – le ho cercate apposta per mettere in salvo i volumi dall’acqua ma anche per dare un’identità a questo posto».
«E pensare che l’ho aperta quando volevo andare in pensione – continua – Ormai è diventata la mia casa e la casa dei miei amici, siamo sempre aperti e in piena attività». Con il Mose, forse, il titolo di questo regno di libri che può esistere solo a Venezia, inizierà a essere datato. «È tutto da vedere – chiude Luigi Frizzo -. Non mi dispiacerebbe che almeno qualche centimetro d’acqua venisse a farci visita ogni tanto. E nel caso in cui il Mose non funzionasse, e magari le maree diventassero ancor più eccezionali, in libreria abbiamo una porta d’acqua sempre aperta. Mal che vada ce ne fuggiamo da lì».