E intanto l’inferno del Montello, promesso in fiaccolata l’altra sera a Volpago, nel trevigiano, da un migliaio tra cittadini ed estremisti dall’anima nera ai profughi che dovrebbero alloggiare all’ex polveriera, è lava che cola su un terreno già incandescente.
Tutto si lega. La miccia che in questo fine anno mette in fila fatti e vicende, contingenti e di lungo periodo, conduce al 2017 con un potenziale esplosivo pieno di rabbia.
Tutto si lega perché tutto richiama a insicurezza, ingiustizia, disparità. Un tutt’uno che la politica ha cercato di esorcizzare, raccontando lo storytelling-bufala di un’Italia riformista e in cambiamento, oppure ha voluto strumentalizzare gettandovi ulteriore benzina populista.
Nessuno, se non col senno del poi o in maniera troppo timida, ha voluto affrontare o entrare nei tanti focolai infernali che oggi definiamo come ‘periferie’.
Una periferia che si sta allargando a macchia d’olio, più che di leopardo.
Le lettere di licenziamento spedite a grappolo diventano migliaia mine disseminate ovunque; le riforme e le sentenze hanno sempre meno il sapore dell’equità e sempre più un gusto padronale; i salvataggi alle banche non corrispondono alla tutela dei più deboli ma sono scudi protettivi per chi è già forte; gli appelli all’accoglienza di chi è cronicamente debole non possono che essere percepiti come messaggi provocatori nei confronti di chi, nel frattempo, è diventato socialmente ed economicamente debole. O ha la tremenda paura di diventarlo.
Se tutto si lega, l’unica possibile risposta non può che venire da una politica capace di vedere il tutto come un tutt’uno. E non in modo edulcorato o esasperato a seconda del tipo di speculazione da attuare. Ma ben sapendo che ogni segmento di questa miccia è saldamente collegato all’altro e che ogni singola azione produce effetti su tutto il resto del filo che porta all’innesco dell’esplosivo.
Il 2017 sarà un lasso che consentirà di ricordare e ripercorrere, a 40 anni di distanza, il 1977. Un anno che fu cruciale per il Paese, denso di violenze terribili, di tensioni sociali, di indiani metropolitani, di fantasia al potere e di ribellioni. Un anno nel quale gli esclusi, in forme e con conseguenze diverse, emersero dalla pancia del Paese.
Guardare al ’77 seppur lontano non sarà cosa inutile.
Evitare l’esplosione, guardare in faccia al reale e non drogarsi di narrazioni, è l’unico cambiamento sano, se ancora c’è una miccia di speranza, che è lecito attendersi dalla politica.
Testo di Stefano Ciancio, Editorialista di Positive Magazine