La fumerei volentieri anch’io un’ultima sigaretta con Marco Pannella. In fin dei conti, come tanti altri italiani, mi è capitato più volte di sentirmi radicale. Un senso di appartenenza legato al modo appassionato e coinvolgente nel condurre le battaglie civili o referendarie. Non di certo derivante dall’adesione fideistica al marchio di un partito.
Una sigaretta, una tazza di caffè e poi un’altra sigaretta: parteciperei volentieri anch’io a quel funerale laico, a tu per tu col morto ancora vivo, che Marco Pannella ha voluto celebrare in questi giorni, aprendo la sua casa di Roma ad un via-vai incessante di amici e avversari politici, di vecchi e giovani compagni radicali. Come fosse una camera ardente vivace, ultimo omaggio non solo ad un uomo malato ma soprattutto ad un leader politico che è stato popolare per il modo con il quale ha saputo gestire il rapporto tra consenso e politica.
Un modo che oggi può dirsi, quello sì, già morto e sepolto. Perché Marco Pannella, pur con tutti i limiti e gli errori che gli si possono attribuire in alcune operazioni di stampo elettoralistico, nelle stagioni più gloriose del Partito Radicale ha saputo massimizzare la liquidità e la forza del consenso, trasformandola in spinta per il cambiamento. Il coinvolgimento dell’opinione pubblica sulle grandi battaglie civili non si è mai tradotto in voti plebiscitari per il Partito Radicale, anzi.
Il coinvolgimento e il consenso sono state invece materie prime essenziali per compiere o difendere svolte epocali, dal divorzio all’aborto. Svolte che a distanza di decenni appaiono oggi irripetibili su fronti che, pur essendo in profonda e dilagante mutazione, risultano privi di una spinta popolare decisiva.
Oggi più che mai, infatti, il consenso non corrisponde più alla logica della mobilitazione dell’opinione pubblica. I più o meno sedicenti leader del cambiamento professano agendo dall’alto, temono il compattamento dell’opinione pubblica. Giocano semmai allo sparigliamento, allo scoraggiamento della partecipazione. Manca l’odore e il rumore dell’impatto reale con la società. Lo stesso movimentismo moderno, rappresentato dal M5S, si rivela iper-settario nel suo agire organizzato. Le stesse formule partecipative extra-elettorali, a partire dalle primarie per finire con le gazebarie, diventano surrogati spesso sporcati dal broglio e dal caos, specchietti per le allodole che comunque, percentualmente, riflettono specchi ridottissimi, non veritieri, di consenso e sentimento popolare.
La riprova dell’abisso che separa l’oggi da quel passato di radicale memoria, sta Pannella battaglienell’approccio sempre più speculativo e devastante che la politica applica nei confronti dello strumento referendario.
Proprio nei giorni del commiato a Marco Pannella esplode in maniera rovinosa la polemica politica legata alle consultazioni referendarie. Quella sulle trivellazioni è diventata occasione strumentale per la moltiplicazioni delle spaccature in seno al PD: la posizione ufficiale dell’establishment renziano pare essere quella dell’astensione, intanto la vice segretaria Serracchiani parla di referendum ‘inutile’ e intanto nella sinistra PD si stracciano le vesti proclamandosi per il SI e approfittando per dare ancora una volta addosso a Renzi.
Si tratta di un processo di trivellazione del consenso: il referendum diventa strumento non tanto di coinvolgimento dell’opinione pubblica bensì di spaccatura spesso incivile tra blocchi, con l’obiettivo di estrarne una ricchezza di parte.
Lo stesso referendum costituzionale previsto in autunno viene considerato come consultazione sul gradimento del leader. Renzi stesso lo ha definito come banco di prova per la nascita di una nuova classe dirigente dei Democratici. Non a caso si assiste in queste settimane ad un frenetico pullulare di comitati per il SI che palesemente hanno la valenza dell’accaparramento di posizioni all’ombra di Renzi, non sicuramente animati dal desiderio di coinvolgere con passione democratica l’opinione pubblica.
Anche in Veneto il referendum, prima evocato per l’indipendenza ed ora per l’autonomia, è ormai ridotto a grimaldello per le mire espansionistiche leghiste e di Luca Zaia, costantemente indiziato di ambizioni da leader nazionale. Al contempo il PD nicchia confuso e si piega tendenzialmente alla logica dello strumento referendario temendo che l’opporsi corrisponda all’ennesima bordata sul proprio consenso.
Tutto ciò che con i radicali dei tempi d’oro fu uno strumento di coagulo civile tra grandi blocchi, di cambiamento, di vero e appassionato dibattito popolare, oggi è materia prima impoverita, priva della forza di cambiamento, insufficiente o ininfluente nel dare garanzia di stabilità o di buon governo nei territori. E’ sempre più sangue sociale che scorre senza ossigeno. E’ una necrosi democratica.
Nel funerale civile al vivente Marco Pannella si suona il de profundis di un’intera fetta di democrazia. Molti degli stessi che in questi giorni sono andati a fargli visita sono chiamati ad una riflessione onesta su questa questione e rimangono lontani anni luce dall’essere leader popolari alla Pannella.
Una figura che mancherà soprattutto a chi, anche per una sola volta, si è sentito appassionatamente, gratuitamente e liberamente radicale.