Giornalismo e rave party
“Circa 10mila persone provenienti da tutta Europa hanno preso possesso delle ex-Cave di terra Rossa ai confini dai territori di Marano e Pavullo, a 4 chilometri dal ponte della Docciola. […] Un evento che da sabato sera sta mettendo in agitazione tutti i residenti, comprensibilmente preoccupati, della zona a ridosso della location scelta per questo raduno musicale, dove alcol e droga non mancano di certo. […] Di sicuro la prima denuncia sarà quella del proprietario del terreno di fatto ‘espropriato’.” (Gazzetta di Modena)
“Gli organizzatori, incuranti di ogni autorizzazione, avrebbero anche divelto la sbarra metallica che chiude l’accesso alla proprietà (una cava di argilla), allestendo poi tutti gli impianti e organizzando gli spazi per gli ‘ospiti’. Si è così creata una lunga fila di veicoli che hanno intasato la viabilità della Fondovalle, facendo montare le ire dei residenti e dei villeggianti.“ (Modena Today)
“L’allarme è scattato quando senza soluzione di continuità lungo la strada della fondovalle hanno iniziato a fare la loro comparsa lunghe file di auto, camper roulotte con ragazzi, molti dei quali tatuati in ogni dove, che parlavano varie lingue dal francese, all’inglese al tedesco. […] Qualcuno si faceva un bel bagno nel Panaro, qualcuno ballava con la musica a tutto volume, qualcuno spacciava, qualcuno minacciava curiosi e fotografi che si sono avvicinati. […] Per la verità, ad essere occupato dal maxi-rave è stato anche parte del terreno di proprietà del ristorante da Martino, distante circa tre chilometri dalla festa, che sabato sera ha avvertito i carabinieri, […] (che) si sono presentati sabato sera verso le 22.30 nella cava occupata dalla festa abusiva: un blitz che ha portato all’arresto di un 21enne torinese, trovato in possesso di alcune dosi di marijuana. […] Musica a tutto volume, droga e bivacchi in strada, tanto che sabato notte diversi automobilisti sono rimasti fermi anche un’ora a causa delle code.”
(la nuova prima pagina di modena)
Secondo le testate del luogo i carabinieri sarebbero stati addirittura pronti ad intervenire compatti se la situazione fosse sfuggita di mano.
Diecimila persone, traffico in tilt, musica assordante per tutta la notte, montagne di rifiuti, problemi di ordine pubblico legati a alcol e droga, una proprietà privata violata e devastata da dei vandali che hanno divelto le entrate, i residenti preoccupati per ciò che sarebbe potuto succedere.
Dopo la prima notte del rave party che si è tenuto sulle sponde del fiume Panaro dal diciannove luglio, i media già pregustavano speciali e approfondimenti da propinare in seconda serata, accompagnati dai commenti scontati delle facce decrepite ma ben tirate che infestano i salotti televisivi; già avevano armato l’ arsenale di luoghi comuni che accompagna la copertura giornalistica dei rave party, pronti a scagliarsi sulla notizia e gonfiarla il più possibile.
Come ogni estate. Nulla di nuovo.
Puntuale come il servizio sul caldo torrido.
Fortunatamente non c’è stato nulla di tutto ciò: niente servizio al Tg col cronista dal tono stupito, sconcertato, disgustato. Niente emergenza, niente caschi blu che calano compatti manganellando alla cieca, nessun problema legato al consumo di droghe o comunque di ordine pubblico.
A meno che non si voglia considerare un problema l’arresto di un ventunenne con della marijuana. Nessun disagio per i residenti, che si son detti abituati al rombare delle moto da cross durante il weekend, senza contare che le prime abitazioni sono a chilometri dal greto del fiume su cui si è tenuta la festa.
Non esiste nemmeno la denuncia del proprietario della cava abbandonata, che sembra non voglia sporgerla proprio per la mancanza di danni alla struttura: le entrate divelte si riducono a un lucchetto spaccato, le montagne di rifiuti al termine della festa sono state raccolte e differenziate.
Delle migliaia di persone effettivamente passate per questa zona nei giorni scorsi, sembra circa 4-5000, non resta che una montagna di sacchi neri ordinatamente impilati e qualche articolo dal tono allarmistico, oltre a qualche migliaia di euro nelle casse degli esercenti locali.
Ma resta purtroppo anche la triste notizia di un minorenne morto per droga a pochi chilometri di distanza: era andato a ballare in una delle discoteche più conosciute del circuito commerciale nazionale, in una zona pesantemente presidiata e controllata.
Perché allora scrivere decine di articoli, speculando sulla supposta pericolosità di una manifestazione come quella sul Panaro, criminilazzando quella che di fatto si è dimostrata una tre giorni pacifica, rispettosa dei residenti e dell’ambiente, ma soprattutto pienamente consapevole del circuito di mercificazione e controllo cui si stava attivamente sottraendo? La motivazione è che instillare la paura di ciò che è diverso, incomprensibile, sconosciuto, è terribilmente semplice e redditizio, specie in termini di click. Come si potrebbe anche solo immaginare che migliaia di giovani scelgano spontaneamente di percorrere centinaia o migliaia di chilometri, solo per ballare e divertirsi, all’interno di una cava, rischiando addirittura una denuncia? Ci deve essere qualcosa di più, non può limitarsi a questo, il lettore medio non riesce a spiegarselo. È pieno di discoteche e locali, perché rischiare tanto? In effetti qualcosa in più c’è.
I ragazzi viaggiano per ore, valicano confini, subiscono pregiudizi e perquisizioni per un motivo terribilmente semplice quanto incomprensibile: esiste una sottile linea che traccia l’enorme differenza esistente tra il fruire di un prodotto di consumo e il riappropriarsi di quegli stessi prodotti in maniera libera; tra l’essere dei meri clienti il cui ruolo è riassunto dal fatturato di fine estate e l’essere un fenomeno culturale concreto, che il mercato tante volte ha provato a sussumere e snaturare ma mai è riuscito a farlo. È la stessa sottile linea che separa l’alienazione dalla condivisione.
È una posizione squisitamente politica, se non etica.
Questi ragazzi tatuati, sporchi, vestiti strani, percorrono tutta questa strada mossi dalla consapevolezza che il circuito commerciale, la speculazione, la stereotipicità, siano solo una grande truffa, l’ennesimo riproporsi del capitalismo culturale che depaupera l’anima di tutto ciò che sfiora.
Percorrono tutti quei chilometri sapendo di essere una minoranza che riesce a dar vita a un’utopia pirata di libertà, anche se per poche ore o pochi giorni, senza pretendere consenso o comprensioni.
Le minoranze, il diverso, la cultura, ultimamente fanno una gran paura.
Questo è il motivo per cui fanno ancora notizia.
Servizio a cura di Andrea Santoro
Tutte le foto di Angelica Morini.