L’intuizione immediata di Renzi, ancor prima di personalizzare la battaglia, era quella più lucida: “Molta gente di centrodestra, del M5s e della Lega voterà sì”. Parole che ha ribadito nuovamente in questa campagna di ottobre, attraversata col turbo.
La semplicità disarmante dei messaggi propagandistici a favore del SI’ (Cara Italia, vuoi diminuire il numero dei politici?) annichilisce ogni tentativo di ragionamento. Lo spauracchio dispotico, paventato dal fronte del NO, è inutile acqua fresca di fronte alla prospettiva di un treno del cambiamento che passerà il 4 dicembre e poi non tornerà più, per almeno altri 30 anni. Di fatto, Renzi è pronto a raccogliere i frutti di una lunga stagione di antipolitica che dura da almeno 30 anni, prima con la Lega della ‘Roma padrona’ e poi, in tempi più recenti, con Grillo e i 5Stelle.
Renzi, pur avversandolo (proprio perché deve avversarlo) sul piano del consenso, si presenta sotto forma di un Grillo che già governa. Dota la sua riforma degli stessi contenuti di chi da tempo ingaggia una guerra totale che vede ovunque casta e costi, che adotta il Direttorio come modello decisionale ideale, da contrapporre ad ogni meccanismo decisionale esistente, considerato tout court come lungaggine, come fastidioso bullone arrugginito e non come puntello di democrazia. E’ un grande, facile treno che punta a caricare, di stazione in stazione, tutti i desideri degli italiani che odiano, a prescindere, la politica e lo Stato. E che, con la comoda ipocrisia di chi si chiama fuori da ogni responsabilità, smaniano di spedire al rogo tutta la storia repubblicana, senza distinguo.
Il treno è in piena corsa.
Se vittoria sarà, dopo il 4 dicembre Renzi si ritroverà con un treno che non potrà più fermare perché imbottito di aspettative sempre più alte e pressanti, in termini di smantellamento cieco della politica e delle istituzioni, e di nuove prebende elettorali, pretese ed elargite, dagli esiti molto incerti per il bene complessivo del Paese. Ad ogni futura stazione della sua azione Renzi sarà costretto a pagare pezzi di questo unico grande dazio. Se non rispetterà il pagamento di questa cambiale, sarà lui stesso a pagare dazio.
Nell’evoluzione di un PD che, vincendo in questo modo il referendum ingloba e si nutre di antipolitica, si nasconde la sconfitta di un partito nato con ben altri orizzonti. E si evidenzia il rischio di un destino senza controllo. Anzi, sotto il controllo dell’antipolitica.