“Io con la malavita ho un sacco di problemi: vivo a Mestre e rischio. Ma faccio il giornalista e vado avanti, perché fare il giornalista significa anche questo: è un impegno civico. La tragedia vera è semmai avere a che fare con quei politici che non capiscono le dimensioni di un fenomeno come quello del Tronchetto. Mi demoralizza il fatto che Venezia abbia un sindaco che non solo non conosce questa realtà ma che è incapace di percepire, di approfondire come stanno le cose: al Tronchetto abbiamo un cancro e a Brugnaro l’unica cosa che viene in mente di dire è quella di andare contro il giornalista che racconta di una realtà dove si sta perdendo il controllo, alla vigilia di un possibile nuovo scontro per il possesso, tra organizzazioni criminali e malavita locale”.
[/quote_box]28 marzo 2017, ora di pranzo, non a caso una delle fasce di punta degli accessi per gli amanti di post e cinguettii: dagli account Facebook e Twitter del primo cittadino parte un messaggio di poche righe, ma dal rumore che assomiglia ad una fucilata: “Denuncio pubblicamente le scorrettezze e la mancanza di etica di Maurizio Dianese, giornalista de Il Gazzettino. Pessima informazione”. L’aggiunta di un pollice verso chiude la ritorsione ad alto tasso polemico.
Il giorno prima Dianese aveva firmato un corposo reportage pubblicato su Il Gazzettino, dal titolo senza ambiguità: “Cosa Nostra punta sul Tronchetto ma ci sono anche i mestrini”. Ambiguo, molto ambiguo invece, l’attacco di Brugnaro, che lancia la sassata senza nemmeno scomodarsi a spiegare pubblicamente i motivi di quel suo denunciare ‘pubblicamente’ la mancanza di etica del giornalista.
Il motivo che Brugnaro non ha spiegato ai suoi cittadini followers, sta nella notizia data da Dianese riguardante la sparizione della caserma dei Carabinieri dai piani del Comune. Un presidio di cui si sente a dir poco bisogno, di cui si sente parlare da troppi anni e che, eppure, dev’essere ancora essere realizzato.
Tra le notizie del reportage viene riferito che “il sindaco ha deciso che al Tronchetto non si farà la caserma dei Carabinieri. Negli ultimi incontri che Brugnaro ha avuto con chi deve costruire un albergo in zona, la caserma è sparita, non è più nei progetti”.
Il giorno dopo, 28 marzo, Il Gazzettino ritorna sulla notizia e Dianese riporta che “Il Comune ora ‘annuncia’ la caserma”. Dianese scrive che “rischia di assomigliare ad un giallo questa storia della caserma dei Carabinieri al Tronchetto. Il sindaco Luigi Brugnaro dichiara che ‘la nuova caserma dei Carabinieri al Tronchetto verrà realizzata, nell’ambito di un complessivo riordino dell’area che sarà oggetto, a brevissimo, di provvedimenti di Giunta e Consiglio comunale’.
Dianese osserva che “la delibera per la caserma è stata approvata ancora ai tempi del Commissario Zappalorto e fa parte di una Convenzione tra Comune e privati per il riordino del tronchetto. Questa Convenzione non è mai stata portata né in Giunta né in Consiglio comunale e dorme nei cassetti del Comune”. E aggiunge: “Va detto che la storia del sindaco che non voleva più fare la caserma era saltata fuori in seguito ad un incontro avvenuto un anno fa proprio tra Brugnaro e i vertici della V3, la società che ha la proprietà dei terreni del Tronchetto. Il sindaco in quella occasione aveva chiarito di preferire la monetizzazione dell’intervento, pari ad un paio di milioni di euro. Peraltro questa intenzione del sindaco era stata recepita a tutti i livelli, in Comune e all’Actv e confermata fino ad oggi dai funzionari del Comune nelle riunioni che si sono susseguite nel tempo con V3. Pare evidente che in tanti – chiude Dianese – hanno mal interpretato il pensiero del sindaco”.
E’ a quel punto che scatta la sassata, via post e tweet, di Luigi Brugnaro. Una reazione gravissima, perché esce dalle maglie del gioco delle repliche civili tra politica e giornalismo e mira a colpire il singolo giornalista che si occupa di mafia proprio sul fronte più sensibile: quello dell’etica e dunque della credibilità.
Quella ‘mancanza di etica’ che Brugnaro mette pubblicamente addosso a Maurizio Dianese senza peraltro spiegarne pubblicamente il perché, è un’etichetta grave e pericolosissima. Si tratta di un attacco mediatico che il primo cittadino ha voluto dare in pasto all’opinione pubblica e che contiene un potenziale enorme in termini di isolamento e denigrazione nei confronti di chi da anni è impegnato sul fronte dell’informazione antimafia.
Esiste un’antimafia sociale che le istituzioni hanno il dovere di alimentare e sostenere. Un’antimafia sociale che la politica ha il compito di diffondere attraverso messaggi di coraggio e di concreta resistenza civile alla criminalità. Luigi Brugnaro ha invece scelto il modo peggiore di esercitare il proprio diritto di replica. Ha scelto di colpire chi combatte, scrivendo, la criminalità nel nostro territorio.
Facendo così, pubblicamente, un certamente involontario, ma al tempo stesso drammatico, regalo alla malavita.
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