Se la regola secondo la quale ‘a tutto c’è un limite’ deve valere per i comportamenti dei turisti e di chi sul turismo di massa fa economia, eguale rigore sarebbe giusto applicarlo anche per chi mette piede nel caos, lanciando le sue proposte. Perché anche in questo caso il degrado può essere sempre dietro l’angolo e provare a fotografarlo, analogamente a pisciatori, deretani turistici e grandi navi, non è un esercizio sacrilego.
In questo senso, la proposta della sottosegretaria ai Beni Culturali segna una forma di degrado. La sua intervista, rilasciata lo scorso 1 settembre a La Stampa, pur essendo piena di nobili propositi per la salvezza di Venezia, si chiude infatti con un’invasione che punta a stravolgere alcuni principi basilari di democrazia e rappresentanza.
Alla domanda finale ‘Che cosa si può cambiare?’, la Borletti Buitoni risponde infatti così: “Con la città metropolitana i problemi tra cosiddetto centro storico e terraferma rischiano di decuplicarsi. La legge speciale non basta più, serve un occhio speciale. Un’Autorità internazionale, super partes e vincolante, che affianchi il Comune”.
In un colpo solo la sottosegretaria non solo smentisce il proprio governo, che nel riordino delle governance locali, Città Metropolitane comprese, ha individuato uno dei propri fiori all’occhiello. Non solo getta alle ortiche una serie di proposte di nuova Legge Speciale per Venezia, tra le quali si annovera quella di Felice Casson, sicuramente non tacciabile di essere un barbaro speculatore della città.
Ciò che soprattutto sorprende è la leggerezza con la quale la rappresentante del governo Renzi butta lì la proposta dell’Authority internazionale. Di fatto, presentato così, un organismo che andrebbe a sovrapporsi (altro che affiancarsi) all’istituzione comunale eletta dai cittadini perché avrebbe potere e voce in capitolo non consultivo ma ‘vincolante’. E poi: chi nominerebbe questo organismo super partes? Con quali criteri? Si terrebbero per caso elezioni a livello internazionale o sarebbe un gruppo di dame e damerini della carità a decidere chi delegare per occuparsi della salvezza di Venezia?
I giudizi sulle responsabilità delle passate amministrazioni possono essere impietosi quanto si vuole. Così come può essere aspramente criticato chi in questo momento, amministrando con modi spesso brutali, ha ottenuto per via democratica il compito di guidare la città. Ma nessuna emergenza (anche se non manca chi, in modo blasfemo, prova a paragonare il degrado veneziano con la distruzione di Aleppo in Siria) può giustificare scorciatoie o modelli di sospensione della democrazia che scavalchino i cittadini veneziani e i loro rappresentanti.
Cosa che invece, in modo preoccupante, Ilaria Borletti Buitoni prospetta. Segnando così un episodio di degrado democratico che, da cittadino veneziano, merita di essere respinto al mittente.